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Il cimitero di Santa Maria del Popolo a Napoli

Il Cimitero di Santa Maria del Popolo, noto come Cimitero delle 366 fosse, è una delle opere di ingegneria civile più innovativa della politica sociale borbonica alla fine del ‘700.

Il complesso cimiteriale sorge ai piedi della collina di Poggioreale e fu progettato nel 1762 da Ferdinando Fuga su commissione di Ferdinando IV di Borbone che accolse la proposta dell’Ospedale di Santa Maria del Popolo degli Incurabili.

Le pratiche di sepoltura, infatti, erano organizzate sino ad allora in base al ceto sociale di appartenenza del defunto. Le famiglie aristocratiche, come i membri del clero, avevano il privilegio di poter inumare i propri cari nelle cappelle e negli ipogei delle chiese della capitale del Regno. Mentre le salme dei defunti appartenenti a famiglie di ceti meno abbienti erano destinate a cavità poste sotto gli ospedali, come quella dell’Ospedale degli Incurabili, oppure a grotte sparse nel territorio cittadino.

Nel Settecento Napoli, terza città europea per popolazione con un alto tasso di densità abitativa, necessitava quindi di un sistema di sepoltura che fosse capace di garantire una degna sepoltura ai ceti più poveri ma sopratutto garantire condizioni igienico-sanitarie capaci di impedire il rapido diffondersi di infezioni.

Il Cimitero delle 366 fosse si inseriva, dunque, a pieno titolo nell’indirizzo unitario di assistenza sociale ai poveri del regno che i primi due sovrani borbonici, Carlo e Ferdinando, impressero nella seconda metà del Settecento. I sovrani promossero un preciso programma di rinnovamento edilizio e opere pubbliche come il Real Albergo dei Poveri e la Reggia di Caserta affidate rispettivamente all’inizio degli anni ’50 all’ingegno di valenti architetti come Ferdinando Fuga e Luigi Vanvitelli.

L’architettura del complesso cimiteriale rispondeva perfettamente all’esigenza assistenziale dei poveri con un cortile porticato che ospita la scacchiera dei 366 ambienti ipogei, uno per ogni giorno dell’anno – considerando anche quello bisestile. Gli ambienti, disposti in diciannove file per diciannove righe, profondi fino a sette metri, venivano utilizzati a turno un solo giorno a settimana per poi essere chiusi e riaperti l’anno successivo. Ogni fossa, sulla pietra di copertura, è contrassegnata da un numero progressivo corrispondente alla data del giorno stabilito per l’apertura annua.

L’area cimiteriale è stata chiusa nel 1890, dopo aver accolto più di settecentomila corpi, ed è oggi un luogo di culto dove le numerose famiglie napoletane pregano sulle salme dei propri cari. Eccezionalmente aperto e visitabile in occasione di visite straordinarie organizzate da diverse associazioni culturali come il Fai, Open House e Siti Reali APS/ETS.

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