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Lanificio Borbonico

1823, Napoli

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Il Lanificio borbonico sorge presso Porta Capuana, a poca distanza dal Real Albergo dei Poveri e dal Castel Capuano. Ubicato all'ingresso della città, presso il complesso monastico di Santa Caterina a Formello, è oggi uno dei pochi esempi di archeologia industriale al centro di Napoli

Il sito

Il Lanificio borbonico nacque nella prima metà dell’Ottocento all’interno dell’ex convento religioso di Santa Caterina a Formiello, uno dei principali complessi rinascimentali di Napoli.

La struttura, inizialmente sottratta ai monaci da Gioacchino Murat per accogliere ufficiali francesi e poi attività commerciali ed artigianali, fu destinata da Ferdinando I di Borbone ad accogliere a partire dall’ottobre 1823 un moderno opificio tessile destinato alla produzione di lana e divise militari.

Fondato da Raffaele Sava, da cui prenderà il nome, il Lanificio arrivò a impiegare circa 700 operai, distinguendosi come uno dei più avanzati esempi di sviluppo industriale di Napoli e del Mezzogiorno, orientato principalmente nella produzione di uniformi militari per l’esercito del Regno delle Due Sicilie.

Fortemente sostenuto dai Borbone, in particolare da Ferdinando II, che ne riconobbero il valore industriale strategico, al Lanificio borbonico dei Sava furono concessi incentivi economici, fiscali e agevolazioni per l’impiego dei reclusi del Real Albergo dei Poveri nella produzione tessile, sperimentando moderne politiche di reinserimento sociale. 

Nel 1861, con l’Unità d’Italia, venuta meno la fornitura militare statale da parte del nuovo regno sabaudo, le attività produttive del Lanificio cessano presumibilmente tra il 18691871.

Dopo più di 150 anni di inattività, l’unica testimonianza del suo passato industriale è la scritta “Lanificio” sul portale d’ingresso, ancora presente al di fuori dell’antico edificio. Dal 2002, ad opera di un intervento istituzionale di recupero del complesso di Santa Caterina a Formiello, è in corso un lento ma continuo percorso di recupero architettonico e rigenerazione urbana, grazie anche ad iniziative creative di valorizzazione promosse da privati.

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